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Gesuiti
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Storie di vocazione

Ronny Alessio SJ

Gustare l’indeterminato: dall’ingegneria al sacerdozio

È stata una suora ad indirizzarmi da un gesuita per l’esperienza della direzione spirituale. Un tempo di discernimento, un taglio importante a molti aspetti della mia vita.

Ronny Alessio, gesuita

Ho aperto la porta piano piano. La prima volta verso i 9 anni, ascoltando in parrocchia la testimonianza di un giovane seminarista. Mi piaceva lo stile di Gesù, soprattutto quell’ intessere autentiche relazioni di amicizia. Poi alti e bassi, inseguendo quel che mi piaceva, fino a quando il mio viceparroco mi ha rivolto un invito ad un campo di servizio, quando ero animatore dell’Azione Cattolica nel mio paese, Fellette di Romano D’Ezzellino, in provincia di Vicenza.

A Barbiana, nel Mugello

Avevo appena conseguito la maturità all’Istituto professionale, ero un tornitore e fresatore pronto per entrare nel mondo dell’azienda. Lì a Barbiana ho iniziato a leggere le lettere di don Lorenzo. Su quelle colline per la prima volta ho pensato e deciso di proseguire gli studi in ingegneria per cercare degli strumenti per essere di aiuto a me e agli altri. 

Tappe importanti

Tre le esperienze che mi hanno aiutato a crescere: la permanenza al collegio Universitario “don Nicola Mazza”, dove ho allargato i confini del mio mondo, incontrando ragazzi provenienti dal Brasile, dalla Georgia, dall’Africa impegnati in studi diversi e, su tutto, l’esperienza in un’opera per ragazze adolescenti provenienti da famiglie difficili. Vi lavoravano le suore elisabettine, le stesse dell’asilo che ho frequentato da piccolo e a cui devo molto. Lì ha iniziato a prendere forma quel sogno abbozzato ai tempi di Barbiana: vivere nel quotidiano la concretezza del Vangelo. Fu proprio una suora elisabettina ad indirizzarmi da un gesuita, p. Luigi Saggin, per vivere l’esperienza della direzione spirituale. Un tempo di discernimento, un taglio importante a molti aspetti della mia vita. 

Comprendere la propria strada

Volevo capire se essere sacerdote era la mia vocazione. Ho lasciato Padova per iniziare a lavorare a Lonigo proseguendo la direzione spirituale con p. Franz Tata. Ho conosciuto persone capaci di vera e gratuita amicizia. Un giorno andando per l’ennesima volta al Centro Giovanile di Padova, ho trovato di fronte alla cappella del Centro una fotocopia di una lettera di p. Arrupe. Il p. Generale metteva duramente in discussione la Compagnia, il suo modo di procedere, parole che mi hanno dato una profonda consolazione. 

Inizia l’affidamento

Quel 17 novembre del 2002, quando sono entrato in noviziato, ho sperimentato il viaggio più lungo della mia vita. Mia mamma e mio fratello si fermavano ad ogni distributore per vedere se cambiavo idea. In quel viaggio ho cercato di fidarmi, di andare lontano, provare a mettere in discussione i miei schemi. Per questo sono rimasto di “sasso” quando, in Spagna a Madrid, sul punto di terminare i miei studi di Teologia, il Provinciale mi ha chiesto di seguire un progetto a Padova, prendendo la licenza in Liturgia, per poi essere destinato in Albania. 

Due anni speciali perché lo studio è stata la mia risorsa per la prima volta! Ho conosciuto persone e discipline nuove, inizio a percepire una rinnovata visione del mondo. Cambia anche la mia esperienza di affidamento, meno condizionato. Dovevo arrivare in Albania 2014 per poi fare il direttore della Scuola verso il 2017 ma nel 2014 stesso inizio il mio servizio da direttore senza sapere la lingua e senza aver mai lavorato in un ufficio scolastico. Nel 2019 la richiesta del Provinciale a seguire lo sviluppo del Piano Apostolico.

Le sorprese continuano di giorno in giorno, tanto più in questo tempo… dove il COVID-19 e i cambi organizzativi della Provincia mi hanno permesso un lavoro troppo breve in Provincia e a sorpresa mi ritrovo velocemente a Napoli, a svolgere il ruolo di Rettore del Pontificio seminario Campano interregionale, con un centinaio di seminaristi: per la prima volta in Campania per la prima volta in un seminario e, a sorpresa, mi sento consolato e mi ripeto quella lezione di meccanica razionale che mi insegnava il Principio di indeterminazione di Heisenberg: «Nell’ambito della realtà l’accadere è piuttosto rimesso al gioco del caso». Nella mia vita spesso percepisco che quel che si chiama caso, ma anche eccesso nei frutti, ha il gusto della gratuità che viene da Dio, spero in seminario di educare a questo sentire e gustare.

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